Per cominciare il lavoro ci è sembrato necessario mettere a fuoco il problema per cui l’insegnante e 12 ragazzi e ragazze del gruppo si sono riuniti per discutere di cosa siano per loro gli stereotipi in generale e quelli di genere in particolare. Si può partire da una semplice definizione da dizionario: la Treccani, alla voce stereotipo riporta (qui la voce completa)
Opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d’ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva […] La maggior parte delle definizioni di stereotipo sottolineano gli aspetti di ipersemplificazione e impermeabilità all’esperienza.
Saltano subito agli occhi alcuni concetti: lo stereotipo è una generalizzazione scorretta, una forma di cattiva universalizzazione. Si assume, insomma, che, siccome a molte persone la cioccolata piace, questa debba piacere a tutti, indistintamente. Inoltre un elemento caratteristico degli stereotipi è che sono refrattari e resistenti alle prove contrarie che possono giungere dall’esperienza: per quanto io possa incontrare molte persone a cui, in effetti, la cioccolata non piace, continuerò a pensare che questa piaccia a tutti. Ovviamente “resistenti” non vuol dire “indistruttibili”, la storia ci insegna che gli stereotipi possono essere superati e smascherati per quello che sono, ma, di solito, occorre molto tempo e molto lavoro. Gli stereotipi riguardanti la popolazione ebraica, per esempio, sono stati largamente superati dalla storia e adesso rimangono monopolio soltanto di alcune frange di estremisti politici o di fan delle teorie del complotto. Anche molti pregiudizi riguardo alle donne sono stati superati o sono in via di superamento. Fino a un secolo fa, infatti, non era affatto scontato che le donne avessero la capacità di partecipare alla vita politica e di poter esercitare il diritto di voto, oggi ci sembra assurdo che si sia dovuto aspettare così tanto per concedere un diritto “ovvio”. Insomma gli stereotipi sono duri a morire ma non eterni e indistruttibili. Sono un fatto sociale e culturale non naturale, e, come tutti i fatti sociali e culturali, in qualche modo, seppure con fatica, modificabili, trasformabili.
C’è un aspetto degli stereotipi, però, a cui la definizione non fa cenno: molto spesso gli stereotipi non sono solo delle lenti attraverso cui noi guardiamo il mondo, ma attraverso cui noi guardiamo anche noi stessi, e questo è evidente in particolare per quanto riguarda gli stereotipi di genere. Non si tratta, insomma, soltanto di caratteristiche che noi attribuiamo a altri perché così siamo abituati, ma anche aspettative riguardo a noi stessi a cui tendiamo a conformarci. Gli esseri umani, e gli adolescenti in particolare, hanno un forte bisogno di riconoscimento, di accettazione e questo può passare, talvolta, con l’adesione a modelli precostituiti, stereotipati, di comportamento. Per non sentirsi diversi si può essere spinti a “aderire” a quello che la maggioranza del proprio gruppo sociale fa, a conformarsi nel linguaggio, nell’abbigliamento, nei gusti musicali, nel modo in cui si imposta la propria vita professionale o il proprio tempo libero; nel modo, anche, in cui si vivono sentimenti, emozioni e relazioni. Frasi un po’ da film come “comportati da uomo” o espressioni del linguaggio comune come “avere le palle” o “non fare la femminuccia” indicano, implicitamente dei comportamenti caratterizzati secondo il genere, a cui viene chiesto di conformarsi. In breve uno stereotipo di genere può essere definito come un’opinione secondo cui determinati comportamenti, atteggiamenti, gusti, modi di fare, attività, sarebbero tipici di un genere nella sua universalità. Ovviamente uno stereotipo può emergere perché, effettivamente, la maggioranza di un gruppo sociale assume un determinato comportamento ma, anche in questo caso, generalità non vuol dire universalità e totalità; inoltre, il fatto che un determinato gruppo adotti un determinato comportamento non implica affatto che questo sia “giusto” o “condivisibile”.
Nella nostra scuola la polarizzazione e la stereotipizzazione di genere sono molto evidenti, proprio perché un indirizzo è pressoché esclusivamente maschile e uno pressoché esclusivamente femminile, gli stereotipi e l’adesione a determinati modelli di comportamento è ancora più forte. In altre parole, è come se i ragazzi della MAT dovessero essere ancora più “maschi” e le ragazze della PCP ancora più ragazze, con i primi a sfoggiare il loro testosterone, la loro passione per moto e macchine, la loro forza fisica, e le ragazze dovessero amplificare la loro femminilità manifestando un’attenzione ossessiva per l’aspetto fisico, per la moda, per il trucco. Insomma, abbiamo sotto gli occhi, nello stesso momento, quasi i due poli estremi degli stereotipi di genere. Risulta anche comprensibile che per una ragazza possa essere complesso inserirsi in una classe della MAT e per un ragazzo inserirsi in alcune classi del PCP, al di là dell’interesse che possano provare per quei corsi, un ambiente così caratterizzato, con degli stili di comportamento diffusi così radicati, può non essere l’ideale per accogliere chi male si adatta a quegli stereotipi. Inoltre, in contesti del genere, può risultare difficile riconoscere la forza e la costanza di certi stereotipi, proprio perché rischia di mancare chi, all’interno della classe, può più facilmente, essere espressione di un punto di vista diverso. Per questa ragione è opportuno, confrontarsi insieme, trasversalmente, ragazzi e ragazze.
Ma quali sono questi stereotipi e come funzionano? In primo luogo si possono individuare almeno tre gruppi di stereotipi: quelli che riguardano la vita professionale, quelli che definiscono la vita privata e il tempo libero e quelli che riguardano la nostra vita affettiva e relazionale. Ovviamente, però tutti e tre questi gruppi condividono una serie di pregiudizi su cosa l’uomo e la donna siano o debbano essere. In generale l’uomo è chiamato a essere forte, duro, a svolgere compiti che richiedono forza e energia, la donna è chiamata a essere, invece sensibile, per certi versi delicata, può manifestare pubblicamente le sue emozioni e i suoi sentimenti, è chiamata a svolgere, in primo luogo, mansioni che abbiano a che fare con la cura e con l’educazione. Cercando di analizzare più da vicino questi stereotipi possiamo vedere che
- Da un punto di vista professionale gli uomini devono svolgere lavori che hanno a che fare con la forza, devono essere appassionati di discipline tecniche, saperci fare con le macchine e le moto, le materie insegnate al corso MAT, dunque sono maschili per definizione – meccanica, elettrotecnica e via dicendo – mentre per le ragazze sono considerate più adatte o professioni che abbiano a che fare con la cura e l’assistenza – dalla segretaria, all’infermiera, alla maestra – o quelle che sembrano richiedere una maggiore sensibilità artistica. Il meccanico, l’idraulico, l’ingegnere, sono professioni maschili, l’infermiera, la maestra, la segretaria, così come tutte le professioni legate all’estetica, sono considerate femminili. Non solo questi stereotipi si rispecchiano nei nostri corsi di studio, la questione parte da molto più lontano, basta pensare a come spesso le stesse pubblicità dei giochi siano orientate da questi stereotipi. Negli ultimi anni molte catene di distribuzione hanno cominciato a cambiare la loro forma di comunicazione e a evitare di classificare i giochi per generi di riferimento. La casa produttrice di giocattoli Goldieblox ha pensato a una serie di kit per costruzioni specifico per bambine (qui il loro sito e qui il video di una loro divertente pubblicità). Ma si tratta di un mutamento di prospettiva ancora all’inizio, anche perché viene da chiedersi che peso abbia l’educazione familiare in tutto questo. Insomma, se genitori e parenti continueranno a regalare solo bambole alle bambine e solo giochi tecnici ai bambini, il processo sarà ancora molto lento e laborioso
- Da un punto di vista più legato alla vita privata e al tempo libero si nota facilmente come esistano attività fortemente caratterizzate in termini di genere, basti pensare agli sport più diffusi tra ragazze e ragazzi. Tra i ragazzi lo sport più praticato, all’interno del nostro istituto così come a livello nazionale, rimane il calcio, seguito dal basket, dagli sport di lotta e di combattimento (soprattutto arti marziali e boxe), dal basket, dal tennis e dalla pallavolo; molti ragazzi seguono con attenzione gli sport motoristici. Per le ragazze, invece, le prime scelte rimangono la danza e la pallavolo; nella nostra scuola ci sono pochissime calciatrici, per esempio. Anche qui non si può individuare un’unica causa e quindi proporre un’unica soluzione, probabilmente ci troviamo dentro un circolo vizioso: se mancano le strutture è più difficile che un ragazzo o una ragazza si avvicinino a un determinato sport, ma si può anche pensare che le strutture manchino perché i ragazzi o le ragazze non chiedono di praticare determinati sport. Un altro aspetto in cui vediamo all’opera gli stereotipi di genere è quello che riguarda la cura del proprio aspetto fisico e del proprio look: un ragazzo che presta troppa attenzione a come appare è guardato con un certo sospetto, una ragazza che non lo fa è considerata sciatta e trascurata – in altri termini, un maschiaccio – le donne “vere” devono, per l’appunto, apparire curate, truccate e femminili, un ragazzo che passa troppo tempo a pettinarsi sta invece tenendo un comportamento virile. Ovviamente, vale lo stesso, almeno in parte, per film, musica e libri: i film sentimentali, o le canzoni d’amore sono tipicamente femminili, i film d’azione o le canzoni dure e aggressive sono decisamente maschili; anche se per molti ragazzi e ragazze il genere di riferimento è l’hip hop si colgono spesso delle sfumature diverse e degli ascolti orientati in termini di genere.
- Il terzo punto è forse quello più interessante e su cui più ci preme lavorare, gli stereotipi di genere a livello emotivo, sentimentale e relazionale. Se gettiamo uno sguardo a come ragazzi e ragazze esprimono i propri sentimenti, oppure vivono le loro amicizie, notiamo subito due modelli di comportamento molto diversi. Si dà per scontato, per esempio che due amiche esprimano il loro affetto in maniera molto esplicita, anche fisica, abbracciandosi o dicendosi spesso “ti voglio bene”; tutti noi troveremo strano che due amici maschi usassero tra di loro un atteggiamento simile, molti di noi penserebbero, anche involontariamente, che sono gay. In generale i ragazzi non esprimono emozioni e sentimenti, per esempio il pianto è tollerato in una ragazza, ma molto meno in un ragazzo. Al contrario lo scatto d’ira è tipicamente maschile e lascia perplessi se a averlo è una ragazza. Anche nella vita di relazione gli stereotipi sono duri a morire, spesso si continua a pensare che debba essere il ragazzo a fare la prima mossa, che la ragazza possa soltanto lanciare dei segnali e fornire degli indizi, una ragazza troppo intraprendente è considerata un po’ troppo facile, deve essere il ragazzo a proporsi e a presentarsi, secondo la dinamica usuale di offrire qualcosa da bere alla ragazza. Ovviamente è superfluo ricordare che, soprattutto, rimane vero il grande stereotipo secondo cui un ragazzo particolarmente di successo con le ragazze è semplicemente molto fico e oggetto di ammirazione tra i compagni e gli amici, la ragazza che fa altrettanto viene prontamente etichettata come una poco di buono, secondo il modello detto, in inglese, dello slut shaming.
Ovviamente su ognuno di questi punti occorre lavorare e cercare di individuare strategie di azione e di intervento ma, nella vita dei ragazzi, soprattutto l’ultimo aspetto risulta particolarmente gravoso: gli stereotipi diventano una gabbia molto stretta per tutti noi. Può risultare davvero stressante doversi sempre e comunque conformare a questi modelli, specie quando sensazioni, emozioni o sentimenti sono coinvolti. Abbiamo detto che gli stereotipi resistono alla realtà, ma la realtà stessa può, lentamente, contribuire a metterli in discussione. Per questo motivo l’intento che orienta il nostro lavoro sarà quello di far comunicare e confrontare costantemente questi due mondi, per rendere comprensibile che il singolo essere umano è sempre più complesso e sfaccettato di quanto i rigidi stereotipi che ci gravano addosso facciano credere. Cercheremo di buttare qualche sasso nello stagno per mostrare come, allontanandoci da essi, la nostra vita possa diventare più articolata, più ricca e più soddisfacente.